Quando la terra trema, un lampadario oscilla sempre. “Istanbul” di Carolina Iacucci

Una città semi distrutta, una famiglia tradizionale, ma piena di segreti. Il precario equilibrio tra mistero e quotidianità avvolge l’opera di Carolina Iacucci, il progetto vincitore della seconda edizione del premio “Bepo Maffioli”,, andatp in scena durante la prima serata di GEA 2023.

Una città costiera della Turchia devastata da un terremoto incessante. Poche sono le persone rimaste, tra queste i componenti di una famiglia costretta a rimanere a causa di un padre cocciuto e in precarie condizioni di salute. Preferisce morirci in quella casa pur di attendere il ritorno della donna amata che l’ha lasciato molti anni prima per riprendere in mano la sua vita e la sua passione per il teatro. Così i suoi due figli maschi, insieme alla moglie del più giovane, resistono e convivono in un equilibrio precario. Confronti, scontri, ansie e paure, frammentate solo dalla terra che trema e dal lampadario del soffitto che oscilla, mettono a dura prova quelle personalità tanto diverse quanto unite da un unica situazione ambientale, che tentano di vivere la loro quotidianità, dettata dalla forte appartenenza alle tradizioni e alla cultura del proprio territorio. All’improvviso l’arrivo di un’altra donna, apparentemente comparsa dal nulla, farà riemergere antiche inquietudini e tormenti, portando i protagonisti a rivelare sensi di colpa nascosti nell’anima. Ma proprio nel momento in cui fuggire a Istanbul risulta l’unica soluzione, ecco scomparire il padre e riapparire quella donna tanto attesa. Con lei riaffiorano memorie e si svelano segreti passati che mai verranno risolti.

Regia: Davide Strava / Mete e didascalie: Angelo Callegarin / Visualizer: Elisa Canaglia / Tenica: Francesca Merli / produzione: Teatro Stabile del Veneto e Comitato Teatro Treviso

Il ruolo dei protagonisti nel copione di Carolina Iacucci, funge da perno a tutta la storia. I personaggi e il loro filo conduttore: l’amore. Quello figliare e quello di coppia. Tre donne e tre uomini, tre livelli di consapevolezza e coscienza, come il risultato di una stratificazione generazionale. Da un lato il padre e i due figli: il primo (Giacomo Martini) è rigido, fermo nelle decisioni, vive l’amore come in una sua personale e quasi metafisica sfera platonica. I due figli e fratelli, così in contrasto tra loro: Imran (Ruggero Franceschini), la pecora bianca e Hakim (Alex Cendron) quella nera della famiglia, non riescono a scappare, devoti e timorosi dello stesso padre che li costringe a rimanere. Essi vivono l’amore presente e il rimpianto di quello passato in un continuo accavallarsi di difficoltà.

Da un lato le donne: entrano in scena gradualmente, in corrispondenza al livello evolutivo della vicenda, tre figure di età e livello culturale fortemente in contrasto, ad incarnare differenti modelli di emancipazione femminile presenti tutt’oggi in Turchia e in tutti i territori di credo musulmano. Ikbal (Samantha Silvestri) è moglie di Imran, donna di fede e di casa, le cui maggiori preoccupazioni sono i figli, fatti scappare dalla città distrutta per rimanere accanto al marito devoto. Come uno spirito tra le macerie, vestita solamente di una sottoveste e una giacca, compare all’improvviso Emel (Miriam Russo), una figura solitaria proveniente da Istanbul, aggraziata seppur quasi arrogante nel suo fare; fuma sigarette e beve alcolici, elemento poco comune per le donne delle località lontane dalla capitale cosmopolita. Si insinua quasi senza far nulla nella situazione famigliare dei protagonisti, venendo accolta in casa da Ikbal.

La sala da pranzo rappresenta per tutti i paesi un luogo di confronto e ritrovo in cui si scambiano opinioni e si racconta la propria storia, che sia di una vita o di un solo giorno, che sia durante una giornata di sole o in una città devastata dal terremoto. Ecco che Caterina Iacucci racchiude in questo istante universale tutto un mondo fatto di tradizioni, attualità e di tutto ciò che rende forte e coraggioso ogni personaggio della sua coinvolgente storia: le emozioni, i legami, le relazioni tra di essi. Riemergono così tutti i dispiaceri del passato, i misteri irrisolti e nuove consapevolezze. Hakim ritrova l’amore, Imran il coraggio. E il vecchio padre?. Sempre solo, assorto nei suoi pensieri, tace e attende il ritorno della sua amata.

Ma ecco la terza donna, Galya (Irene Curto). Appare quasi, inaspettata da tutti e in seguito alla sparizione improvvisa del vecchio padre. Torna, o forse si presenta come un fulmine a ciel sereno, in un momento di tensione e tormento, arrivando a confermare e smentire voci e storie narrate da una vita, mettendo a repentaglio emozioni e affetti. Il suo arrivo, come un terremoto nell’anima, è l’ultimo atto di un racconto che rimarrà sospeso, fragile come le mura di quella casa che ormai non regge più. Nessuna sicurezza, nessun buon auspicio su quella famiglia che nemmeno un lampadario che oscilla sempre potrà più illuminare.

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“Lei non ha paura del terremoto?”.

“Certo”.

“E come fa ad essere così serena?”.

“Sopporto”.

da “Istanbul” di Carolina Iacucci

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